Chi è Anne?
[Note di regia]
Chi è Anne?
E’ una donna qualunque, un’aspirante suicida, il soggetto per un film da costruire, una terrorista senza scrupoli, un’adolescente alla ricerca di se stessa in giro per il mondo con una valigia rossa, l’amante di un rifugiato, una macchina con molti optional, un’icona immaginata dai mass media, un tubo catodico, una rock star?
Chi è Anne, questa figura che solo in filigrana sembra apparire tra le righe di un testo immenso (la versione integrale potrebbe avere una durata tra le 3 e le 4ore nell’allestimento), e che quando sembra afferrabile viene immediatamente vanificata nella scena successiva, da un nuovo immaginario, spiazzante e senza connessione con il precedente?
In questi diciassette microdrammi – diciassette quadri apparentemente senza connessione che l’inglese Martin Crimp consegna alle soglie del nuovo millennio, il testo è del 1997, alla creatività di attori e registi, non ci sono ruoli, non ci sono personaggi, né una traccia di partitura che possa indicare una qualsivoglia direzione.
Le battute sono contrassegnate sul testo da trattini, la distribuzione delle parti è variabile, come il numero degli attori e la composizione delle scene: tutto sembra apparentemente lasciato al libero arbitrio di una messinscena da inventare, tout-court, senza troppi riferimenti né una chiara contestualizzazione: Anne ora è una macchina, ora una donna che dà il nome a un albero, ora è la ragazza della porta accanto che forse aspetta una lettera da Toronto, o colleziona i punti per la vincita di un premio.
Ci ritroviamo con questo materiale denso e iniziamo a studiare il testo. Non ci sono riferimenti, come per molta drammaturgia contemporanea che in questo nuovo anno di studi abbiamo scelto di affrontare, né precedenti cui appellarsi. Un testo assai poco messo in scena, in Italia, una scommessa per un laboratorio quale il nostro.
Traiamo conclusioni un po’ ad istinto, prendendoci il necessario tempo per capire, e ci ritroviamo con in mano un materiale che seppure non racconta troppo di Anne, ci sembra invece raccontare molto di noi stessi. Una contestualizzazione non più necessaria, poiché il testo sembra attraversare questi venti anni , precorrendoli.
Martin Crimp, o perlomeno così ci sembra, coglie in nuce le nevrosi e le spinte compulsive di questi nostri anni, in cui ogni nuova informazione può essere immediatamente surclassata da una nuova Anne, centrifugata mai digerita e vomitata tra il luccichio di un nuovo mood, un nuovo trend, il nuovo scoop, l’ennesima tragedia, la dieta a punti, la guerra e gli attentati, le immagini di bambini sulla riva di un mare che forse era la Turchia o forse il nostro, gli scarti di pelle sulla rambla di Barcellona, la possibilità di rateizzazione ad interesse zero, per una vita più felice e senza troppe preoccupazioni, taeg fissi.
Anne, resta lì, sul verbale di un interrogatorio, ancora inafferrabile e indistinta, lasciandoci in attesa di una restituzione che non arriva mai, perché con venti anni di anticipo sui tempi –Crimp sembra quasi avere ipotizzato la compulsione cui siamo ormai anestetizzati e avvezzi.
Con ironia e senza retorica. Rimescolando ogni volta carte e linguaggi.
Senza mai lasciarsi andare ad una critica, che però sommessamente corre nel testo.
Eccome se corre.