L'opera dei mendicanti di John Gay è parte della Rassegna Permette che mi ripari col cupolino? che la nostra associazione ha organizzato al Teatro Sala Uno di Roma nel mese di giugno. Cinque spettacoli che fanno parte di un progetto più ampio: un percorso nato a febbraio con lo spettacolo Figli d'arte (testo originale di A. Oteri) sul Teatro italiano del primo trentennio del '900 e la risposta della Famiglia d'arte alla regia nascente ed al fermento di innovazione che in questi anni attraversa l'Europa.
Il desiderio di approfondire questi anni così densi ci ha mossi a un a ricerca per quanto possibile più capillare, spostando il punto di vista ancora di più al centro della scena, dalla parte degli attori e dei primi registi. Qual era il repertorio che veniva portato in scena in quegli anni? Con quali testi si misuravano gli attori? Una ricerca in parte viziata nel nostro caso da esigenze di cast e laboratoriali, che ci ha comunque indirizzato verso alcuni testi. L'opera dei mendicanti di John Gay è uno di questi. Il testo - meglio conosciuto nella rielaborazione che Bertolt Brecht ne fece nel 1928 ( L'opera da tre soldi - per noi purtroppo impraticabile poichè sembrerebbe richiedere a tutt'oggi la presenza di un'orchestra di 33 elementi in scena, espressamente indicata dagli aventi diritto) datato 1728 è una commedia satirica che vede al centro le vicende del ricettatore Peachum e del bandito Macheath.
Una ballata che già nella sua edizione originale prevedeva dei brani cantati - che saranno poi nella rilettura di Brecht musicati da Kurt Weill - e che rivela comunque anche nell'opera di Gay passaggi di denuncia e critica sociale.
Il testo di Brecht come è noto ebbe, nel periodo di riferimento che abbiamo indagato, notevole eco e in Italia fu Anton Giulio Bragaglia a riproporlo con il titolo La veglia dei lestofanti, che vedeva tra gli altri nel cast gli attori Arturo Falconi, Camillo Pilotto, Lidia Simoneschi, Sara Guarnieri, Juliane Begagli, Hisa Harl e Adele Carlucci.
Foto di scena Tiziano Santin