Mi raccomando, si metta di tre quarti, perché se no, tra le astruserie del dialogo e lei che non si farà sentire dal pubblico, addio ogni cosa!
Sei personaggi, Luigi Pirandello
Poi arrivò la Regia e li mise tutti di spalle.
Spalle al pubblico.
La Pavlova saliva sui tavoli,
capovolgeva qualsiasi ipotesi di un ordine,
gerarchico,
di parti e di ruoli,
di cupolini e di suggeritori,
c’era Lei sì,
l’attrice venuta dalla Russia,
forse,
con una biografia convulsa e romanzata,
sbarcata in Sicilia perchè inebriata dal profumo delle zagare,
o forse scesa da un qualche treno di profughi,
o forse.
E insieme c’era anche quella idiosincrasia
appassionata e viscerale
verso l’attore che non fa ombra,
gli Shylock che pretendevano luce da tutte le parti,
di ribalta,
e sempre.
E allora via i cupolini, Via le gerarchie
via il suggeritore,
via le prove raffazzonate e sbrigative,
21 giorni, e il tavolino,
tutti seduti a capire il testo,
A capire il testo?
a capire il testo.
Almirante, Luigi – il primo Padre de I sei Personaggi –
in quegli stessi anni si smemorava al volo dei gabbiani
sul piroscafo che lo portava in tournée in Sudamerica
e pare dicesse all’attore Barnabò
che ne chiedeva le ragioni;
vedi, è che io, io saprei come mettere le ali,
è che ancora non ho trovato il modo di attaccarle.
Il teatro italiano
a cavallo tra gli anni ’20 del primo Novecento
si smemorava a cercare le ragioni segrete
che altrove muovevano rivoluzioni.
Qui, sarebbe arrivata malamente e tardi,
la regia.
Si sarebbe incuneata dentro forme
che non ne avrebbero compreso le ragioni,
avrebbe spazzato via un patrimonio
che era quello della nostra Famiglia d’Arte,
che avrebbe partorito non più figli
debuttanti in fasce e nati come si diceva all’arte,
ma impiegati e dilettanti
come si sarebbe detto un tempo di quelli venuti da fuori,
di quelli borghesi,
degli altri.
Leggiamo i Sei Personaggi.
Con i ragazzi.
Dopo Caligola, Ubu Roi, Doppio Sogno, il Processo, Otello:
cinque studi e cinque diverse avventure,
ci prepariamo agli spettacoli di fine anno:
Teresa, da Jodorovsky, Edipo re, Ubik da Dick, Relazioni pericolose e
Sei personaggi.
Nel mentre prepariamo due nuove produzioni:
Terra e La Sagra del Signore della Nave.
sette nuove produzioni in tutto.
Ci appassioniamo alle parole,
ci perdiamo nell’aneddotica
recuperiamo memorie di studi
e insieme andiamo ricucendo una passione.
Non amano il teatro,
amano loro stessi nel teatro.
L’attore Renato Cialente,
nella troppo poco indagata biografia che lo riporta,
pare avesse affisse queste parole di Stanislavskij,
sulla porta del suo camerino.
Non amano il teatro,
amano loro stessi nel teatro.
Alla prima di Piccola Città di Wilder
lui ed Elsa Merlini,
impassibili,
di fronte al pubblico che non capiva il testo:
Che i morti, che i morti non si muovano!
– la Merlini. E Cialente: se non capite il testo,
non è problema dell’autore.
Parlo loro
di aneddoti e di libri.
Recupero una memoria frammentaria
e mentre parlo
ho il privilegio di poter condividere
questa passione immensa.
so che molti di quanti amavano se stessi
nel teatro ce li siamo lasciati scivolare tra le dita
so che getto un seme
e loro andranno a farlo germogliare da qualche parte.
E un giorno verranno con una pagina di Vacghangov
a leggermi che dovremmo ripetere i saluti ancora cento volte.
Sii grata per i piccoli favori
diceva Lella Costa forse in Adlib
riportando una frase che l’aveva colpita di un film
(Piccole Donne?)
sii grata per i piccoli favori.
a voi ragazzi.
Sempre.
Alessia