Ogni lingua perduta – scrive Maria Grazia Ciani – in particolare quella greca, rimanda a una trama sottile di confini sospesi tra conoscenza e immaginazione”.
I Greci avevano compreso molte cose.
La straordinarietà del loro pensiero è già nella lingua, in cui ogni parola può rimandare a una molteplicità di senso e di significati, può voler dire insieme una e un’altra cosa ancora, una vertigine in cui ogni direzione diventa una scelta, compito immane quello di ogni traduzione, in cui la fedeltà alla parola si traduce spesso in un rischio.
“Ogni lingua perduta – scrive Maria Grazia Ciani – in particolare quella greca, rimanda a una trama sottile di confini sospesi tra conoscenza e immaginazione”. Ogni direzione diventa una scelta di senso.
Per noi che non siamo grecisti, e tanto meno omeristi, e solo e semplici appassionati, questa vertigine di senso sta lì, con tutta la molteplicità dei suoi significati.
Odisseo è colui che chiude il ciclo l’ultimo degli eroi, parte di un tempo che non è più.
Il tempo degli eroi si chiude su Iliade – così chiara, abbagliata dal sole, attraversata dagli scudi e le lance (quanta bellezza in quelle descrizioni minuziose e potenti delle vestizioni per andare in battaglia, delle armature che sono l’identità stessa degli eroi, il loro vero e unico corpo), – per lasciare spazio a quell’altra immane montagna nel deserto che è Odissea – così nera, misteriosa, inintelligibile, sospesa, attraversata da omissioni continue, quasi a voler tralasciare e deliberatamente chiavi di accesso al suo senso. In Iliade tutto accade, tutto è tempo presente: le battaglie, le liti, l’aristeia, gli dei e Zeus che pesa la bilancia della sorte da una o l’altra parte, tutto accade, persino le premonizioni – il sogno di Reso, venuto con i suoi cavalli ad Ilio, cui gli dei preconizzano la morte per mano di Diomede ed Odisseo, e che puntualmente si verifica quasi in contemporanea al suo sogno- persino le lacrime, persino le attese. In Iliade tutto è luce e accade ora. Nel tempo presente.
E’ un tempo in minore e lo sappiamo.
Più che una sospensione somiglia orami a un lungo sonno, attraversato da parentesi di bellezza, qua e là, continuando ad arare e dissodare la terra, progettando. Perchè questo possiamo fare in questo momento: progettare.
Sempre più Odissea – il nostro studio sull’Odissea – ci sembra camminare a fianco di questo tempo. Sospesi in questa terra di mezzo che tanto somiglia alla terra dei Feaci, terra di confine, al di qua e al di là del mondo così come lo conoscevamo, ci troviamo insieme ascoltando il cantore cieco, l’aedo Demodoco, Omero, che sempre ci parla.