Non nasce teatro laddove la vita è piena. Il teatro nasce dove ci sono delle ferite.
La citazione sin troppo abusata è da Jacques Copeau.
Non nasce teatro laddove la vita è piena, il teatro nasce dove ci sono delle ferite, dove ci sono dei vuoti. E’ lì che qualcuno ha bisogno di stare ad ascoltare qualcosa che qualcun altro ha da dire a lui.
Di quest’ultima parte non sono sicura.
Per pigrizia non alzo gli occhi dal pc dove oramai trascorro gran parte del mio fare teatro, e così – in luogo dei libri – recupero la citazione online…teatro in pillole: citazioni e frasi celebri sul teatro. Preme il senso, che è uno, e che ora come non mai apre a domande, dopo un anno passato a reinventarsi, tirando, con la forza di un mulo, testardo, sforzandosi di tenere gli occhi sull’oggi, né troppo avanti né troppo indietro, cercando di non smarrirsi dentro un tempo che non può più dirsi neanche sospeso, mi viene in mente asfittico che è una parola brutta, non letteraria e allora ne cerco un sinonimo
spento, svigorito, scialbo, insulso, insipido,
e invece è proprio asfittico questo tempo, “concernente asfissia, privo di vitalità, di forza espressiva”.
Una parola brutta per un tempo brutto.
Perchè è difficile fare teatro in questo momento. Nulla corrisponde a ciò che è. La DAD, le prove con la mascherina, i corpi che non possono toccarsi, varrebbe quasi la pena di fermarsi, riconvertirsi ad altro, a qualcosa che non ti scavi dentro questa ferita continua di impotenza, non poter fare, non poter programmare, non poter liberare un’energia contratta, se ne sta da qualche parte, in attesa, nell’incapacità di compiersi.
Eppure.
Da quando è iniziato questo inferno sono tornata spesso a dialogare con i padri.
Lo scorso anno un po’ forzatamente per integrare la didattica – le nostre domeniche mattina su zoom, i libri che non scorrevo forse dai tempi del dottorato, quanta luce in quelle lezioni preparate alle 6 alle 7 ..le slide, e tutte quelle immagini, e pur nella fatica sentire ogni volta riannodarsi un filo, nel ripercorrere le biografie dei padri fondatori, le scelte, le difficoltà, gli aneddoti, le immagini degli spettacoli, i vostri commenti, il vostro accendervi di interesse e di passione, (è tutto qui, è ancora qui, in queste pagine..Teatro Moderno | (metisteatro.it), da Appia e Craig al mio amatissimo teatro italiano di primo novecento – l’incontro con la regia nascente questa è la parte che conosco meglio quante volte ve l’avrò detto? – e poi ancora..Goldoni, non proprio un padre in senso stretto, eppure “Il Teatro Comico” i “Memoires” il senso di una riforma che ha gettato le basi per il teatro moderno, così vicino idealmente a Pirandello (che non poteva non aver presente Il Teatro comico quando ha scritto i Sei personaggi, mi leveranno anche la laurea, ma è così).
E poi le parole di Eugenio Barba. Che mi sono venute incontro un giorno, come un balsamo, in questo tempo brutto fatto di cose brutte, il teatro in streaming, gli attori messi a recitare nelle tecle, il vociare indistinto delle mille sigle di una categoria eternamente divisa e in lotta con se stessa, questo strumento di cui si fa un pessimo uso che sono i social e una lista di altre infinite bruttezze. Dissodare. é tempo di dissodare.
Abbiamo portato in scena sei allestimenti da giugno a ottobre, giusto in tempo tra una chiusura e l’altra.
Ci siamo visti in ogni modo su zoom, al parchetto, in associazione, in teatro. Abbiamo scelto Odissea, e di nuovo Omero, proseguendo idealmente il percorso su Iliade consci che soltanto la parola antica, avrebbe potuto traghettarci oltre, e attraverso.
Siamo discesi di nuovo e in verticale in quella vertigine di senso che è Omero, – quante cose, quante infinite cose possiamo dirci ancora su Iliade e Odissea..ci siamo ritrovati a marzo che l’inverno è scivolato via senza che neanche ce ne accorgessimo, con la prospettiva di una finestra che ci sarà, se non a marzo ad aprile a maggio, fino all’estate e poi di nuovo un tempo incerto. Che sarà ancora in parte farraginoso ma ci permetterà di tornare gradualmente a fare teatro come andrebbe fatto.
Perchè Copeau? (di cui confesso di conoscere pochissimo). Per quell’idea di teatro. Un sanctuary scriveva. Un tempio. Non riesco a sottrarmi alla tentazione di metterli idealmente tutti lì i padri fondatori, in quel Monte Analogo dove invece non dovrebbero stare, non riesco a sottrarmi alla nostalgia di leggerli sotto la luce deformante di una generazione visionaria ed idealista. Ma è così che fanno tutti gli innamorati, idealizzano.
Ed è da quella regione al confine dell’anima che mi parlano, mi vengono incontro con le loro biografie caparbie, trasversali, con le mani sporche di terra mentre in estate lavorano a dissodare, nella convinzione di dover condividere anche la fatica.
[Articolo ritrovato in bozza e pubblicato oggi a distanza di 3 anni, 22 maggio 2023. E’ così che mi sono salvata]